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Se ti interessi di sostenibilità, è probabile che ti sia imbattuta in diversi Falsi Miti sulla Moda Sostenibile: ovvero informazioni che diamo per scontato che siano vere, ma in realtà non lo sono – o non proprio.
Purtroppo anche (soprattutto?) nel vastissimo ambito della sostenibilità non tutto è bianco o nero. Ecco 5 Falsi Miti sulla Moda Sostenibile per ripensare insieme il movimento della Fashion Revolution.
1. “Comprare usato è 100% sostenibile”
Purtroppo non è così facile. Comprare usato è la scelta migliore per il pianeta e per il nostro portafoglio, ma non è un lasciapassare per l’eccessivo consumismo second-hand, come le famose “Thrift Haul” che sempre di più riempiono YouTube.
Quanto spesso acquistiamo usato? Acquistiamo spesso cose usate solo perché “sono carine”? Quello che stiamo acquistando ci serve davvero? O vogliamo solo fare “un affare”?
Perché diciamocelo, è davvero facile convincersi che ci serve qualcosa quando costa poco… (alzi la mano chi non è colpevole!)
“Bè, è usato quindi sostenibile, costa poco… lo prendo!” non deve essere una scusa per riempirci l’armadio di vestiti che non avremo mai il tempo di mettere. Attenzione anche alle App di acquisti #secondhand come Depop e ora Vinted: non devono trasformarsi in scuse per fare shopping distratto e casuale. Queste piattaforme non devono diventare il Fast Fashion dell’usato.
2. “Il Fast Fashion è il male, e chi lo compra è una brutta persona”
Il Fast Fashion è un’industria insostenibile che va contro i diritti umani. Detto questo, non sta a noi giudicare NESSUNO. Se sei informato e hai il privilegio di poter acquistare in modo alternativo, benissimo. Ma la colpa degli abusi di questa industria non può e non deve essere addossata al consumatore che non ha alternative: chi ha un corpo disabile o non conforme, chi non ha disponibilità economica, chi non ha mercatini dell’usato vicino a casa, chi non può permettersi di spulciare dodici siti diversi per scegliere una t-shirt.
E dirò una verità sconvolgente: anche il Fast Fashion può essere sostenibile, perché il modo in cui l’oggetto è stato realizzato è solo una parte del suo ciclo di vita, e quindi solo una parte del suo impatto ambientale. La seconda parte del suo impatto sta a noi: e possiamo ridurre l’impatto ambientale di ogni capo del 10% per ogni tre mesi che lo indossiamo (fonte: WRAP).
Chi vuole davvero essere sostenibile può esserlo anche acquistando Fast Fashion, perché la sostenibilità non è un oggetto: è una mentalità e un insieme di abitudini.
L’importante non è solo cosa compri, ma perché: quanto spesso userai questo capo? È di buona fattura? È di fibre miste o naturali? Per chi acquista poco e con consapevolezza, un capo nuovo Fast Fashion non è da condannare.
Su Instagram ho parlato con alcune ragazze impegnate alla ricerca del paio di scarpe da ginnastica perfettamente sostenibili. Ci sono cascata anche io. Ma poi ho avuto l’impressione che per il desiderio di essere perfette ci si perda in un bicchiere d’acqua.
Le scarpe sono un bene primario. Le scarpe sono come le gomme della macchina: ti chiedi da dove vengono le gomme della tua macchina? Se sono sostenibili? Dove verranno buttate una volta consumate? No. Ti serve la macchina, quindi ti servono le gomme, le compri e le usi finché non puoi più. Lo stesso dovrebbe essere con le scarpe: se compriamo un paio che ci piace, ci possiamo permettere, e con la consapevolezza di usarle a lungo… sono sostenibili. Anche se Fast Fashion.
3. “Per partecipare al movimento della Moda Sostenibile bisogna comprare da Brand Sostenibili”
Niente di più falso. Non c’è e non ci deve essere nessuna barriera d’accesso al movimento di Moda Etica e Sostenibile. È sufficiente:
- ridurre i consumi: comprare meno o, meglio, non comprare niente
- utilizzare a lungo e prenderci cura delle cose che abbiamo già
Non abbiamo bisogno di ALTRI brand di moda sostenibile. Ce ne sono a migliaia. Il mercato è saturo, non ci servono altri vestiti “sostenibilmente” nuovi.
Ci sono molti modi per partecipare al movimento di moda sostenibile: comprare usato, scambiare, prendere in prestito, cucire, aggiustare…
Perché Moda Sostenibile significa amare, indossare e far durare nel tempo le poche cose che acquistiamo con consapevolezza, a prescindere da come sono arrivate da noi e dal nome sull’etichetta.
4. “Comprare Fast Fashion di seconda mano non è sensato né sostenibile”
Vedo questo mito davvero molto spesso online. Ma perché mai non dovrebbe essere sostenibile? Il capo già esiste nel mondo, per produrlo sono già state utilizzate molte risorse. Se ci piace, lo indosseremo spesso, è di fattura decente e ce ne prenderemo cura, perché non dovrebbe essere sostenibile? Io non vedo il problema. Per me Usato Fast Fashion > Nuovo Sostenibile.
So già a cosa stai pensando: “Ma le microplasticheee! 😱“ Sì, è vero, molti – non tutti – i capi Fast Fashion sono in acrilico e disperdono microplastiche ad ogni lavaggio in lavatrice. Ma sono di fibre sintetiche molti capi in generale che abbiamo nel nostro armadio, specialmente quelli sportivi.
A mio parere il problema delle microplastiche è così grave e diffuso non può essere rimesso tutte sulle spalle del singolo: ci dovrebbero essere delle normative apposite e dei sistemi di filtraggio dell’acqua adeguati per risolvere questo ENORME problema! Ad esempio tutte le aziende produttrici di lavatrici dovrebbero dotare di default i propri elettrodomestici di filtri anti-plastica. Inoltre dagli studi (pochi) che ci sono sull’argomento sembra che il grosso delle microplastiche sia disperso durante i primi lavaggi, e via via il livello di inquinamento si riduca. Possiamo quindi forse dire che “vita del capo più lunga” = “capo più sostenibile”, di qualsiasi materiale sia? Fonte: nature.com.
5. “Donare i vecchi vestiti è la cosa più etica”
Purtroppo donare i proprio vestiti non è sempre la scelta più etica. Vediamo perché:
- Per la legge italiana i vestiti donati nei cassonetti gialli sono rifiuti. Possono essere gestiti da diverse associazioni, come la Caritas o Humana. È importante distinguere i cassonetti delle associazioni: deve comparire nome, logo, sito web. Nel dubbio è possibile contattare il comune per assicurarsi della legalità di un determinato cassonetto. Ma perché è importante?
- Perché il mercato dei vestiti usati è un giro d’affari milionario, i cassonetti gialli sono spesso in mano a associazioni mafiose, che si impossessano dei vestiti donati a scopo di lucro.
- Alla velocità di produzione attuale, i vestiti usati sono troppi per restare in Europa; nemmeno le associazioni benefiche riescono a gestirli tutti. Sono quindi spediti in grosse balle chiuse e rivenduti nel sud del mondo. Qui i vestiti vengono selezionati e venduti nei mercati Mitumba. Che male fanno? Distruggono l’economia tessile locale, che non ha più mercato per crescere. E i vestiti usati invenduti? Gettati nei fiumi e nelle discariche locali, che spesso non dispongono di sezioni apposite per il corretto smaltimento dei rifiuti tessili.
Quindi, come fare? Ci sono diverse alternative da valutare prima di scegliere i cassonetti gialli. Alcuni esempi:
- vendere nei mercatini o online
- regalare a amiche, parenti e conoscenti che ne faranno un buon utilizzo
- riciclo creativo
- pulizie
- canili e gattili
- progetti di economia circolare
P.S.: Le associazioni benefiche fanno quello che possono; ma i vestiti usati ora sono TROPPI e dobbiamo essere consapevoli che lo smaltimento ogni cosa che possediamo è una nostra responsabilità, non altrui. Buttare “via” non vuol dire niente: “via” è un posto fisico su questo pianeta, a cui noi dobbiamo pensare.
Che ne pensi? Quali sono altri Falsi Miti sulla Moda Sostenibile?
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